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Il viaggio di Monet a Bordighera

di Silvia Alborno e Angela Rossignoli

Villa Garnier 2A partire dalla seconda metà dell’Ottocento Bordighera e i suoi dintorni divennero meta privilegiata di numerosi artisti, letterati e studiosi di tutta Europa, che vi soggiornarono volentieri e talvolta vi stabilirono la loro residenza. L’ambiente naturale era molto attraente ed apprezzato per la vegetazione spontanea particolarmente rigogliosa, grazie alle numerose sorgenti d’acqua. Dall’Arziglia alle colline intorno alla Via Romana l’ambiente tipicamente rurale si stava trasformando, con il sorgere di lussuose ville ed imponenti alberghi signorili circondati da splendidi giardini e frequentati dalla nobiltà di tutta Europa.

Claude Monet, in compagnia dell’amico Auguste Renoir, nel dicembre 1883 fece un breve viaggio esplorativo lungo la costa ligure e il Sud della Francia. Nel gennaio successivo tornò da solo a Bordighera con l’intento di fermarsi qualche settimana: durante il suo breve passaggio nel mese precedente era stato talmente colpito dagli aspetti esotici della vegetazione lussureggiante e dalla luce che decise di ripartire quasi immediatamente per cercare nuovi motivi pittorici e per tentare di riportare sulla tela i colori così vividi e abbaglianti del Mediterraneo.

L’itinerario inizia nelle vicinanze della Stazione ferroviaria, dal Palazzo del Parco, il cui giardino ricco di specie esotiche ultracentenarie introduce il visitatore alla città più ricca di vegetazione del Ponente Ligure.

Percorrendo l’elegante Corso Italia si raggiunge la Strada Romana, dove si svolta a destra per arrivare, attraversata la strada, a Villa Etelinda, uno scorcio della cui torretta compare su diverse tele di Monet raffiguranti l’antica e signorile Via Romana, con le imponenti montagne calcaree delle Alpi Liguri sullo sfondo. Nel giardino si trovano enormi araucarie, diverse palme, agavi e ulivi.

Proseguendo verso est, merita una sosta, dopo una breve deviazione a destra verso il Museo-Biblioteca Bicknell, un gigantesco esemplare di Ficus che abbraccia nelle sue straordinarie e possenti radici esterne un tratto di muretto, un cancello di ferro e una palma.

Ritornando sulle tracce della presenza di Monet, si prosegue lungo la Strada Romana fino ad arrivare nella zona chiamata ancor’oggi «Conca d’Africa», dove si trova un busto in memoria di Monet in una nicchia del muro ricoperta da una splendida Buganvillea viola. Fino alla fine dell’Ottocento qui si estendeva un meraviglioso e lussureggiante giardino appartenente alla Famiglia Moreno, di cui oggi sopravvive solo una piccola porzione nel Giardino di Villa Schiva, dove si possono osservare il Pinus canariensis più alto d’Europa (circa 35 m), una tra le palme più imponenti -la Jubea spectabilis- ed un bel Ginkgo biloba.

Non fu facile per Monet entrare in questo splendido giardino nel 1884. Solo grazie ad una conoscenza a Marsiglia ottenne il tanto desiderato permesso di visitarlo e realizzare studi e ricerche pittoriche sulla rigogliosa vegetazione e sull’incredibile varietà di soggetti.
Proseguendo sulla Strada Romana, si svolta poco oltre sulla sinistra e si percorre una comoda mulattiera in salita che conduce attraverso la Porta Sottana alla città alta, l’antica «Bordigheta», fondata nel 1471. Le alte case-torri rinserrate le une alle altre, la cinta muraria, il campanile compaiono in diverse tele di Monet, sempre da lontano, dal punto di vista della torre dei Mostaccini a ovest del paese o dal Giardino Moreno, immerse nel verde brillante dei pini d’Aleppo, o in quello verde grigio degli ulivi o delle palme da datteri, sullo sfondo del blu intenso del mare e del blu-rosa del cielo. Nelle lettere che Monet scrive alla compagna Alice e al suo mercante, Paul Durand-Ruel, si percepisce lo sforzo dell’artista, spesso estenuante, di riportare la luce e i colori, quasi «intraducibili», sulla tela.

Si attraversa poi il centro storico fino alla Chiesa Parrocchiale della Maddalena e si prende la stradina sulla destra, Via Pompeo Mariani. Si sale fino alla Via Beodo, si svolta a destra e si percorre un delizioso sentiero tutto pianeggiante che costeggia il «beodo», antico canale di raccolta e distribuzione di acqua del torrente Sasso per la coltivazione delle campagne, per l’utilizzo nel centro abitato e per il funziona-mento dei mulini-frantoi.
L’ambiente è particolarmente suggestivo: si attraversa il palmeto di Phoenix, un tempo molto più esteso, che crea un’atmosfera esotica e spettacolare. La collina è stata modellata dall’uomo nel passato attraverso la costruzione dei muretti a secco, tuttora ben conservati, che sorreggono strette fasce di terra oggi coltivate a verde ornamentale, ginestra e mimosa in prevalenza. Nei punti più scoscesi, non coltivabili, si possono osservare lembi di macchia mediterranea con lecci, roverelle e pini d’Aleppo.

La valle del torrente Sasso fu per Monet motivo ispiratore di una serie di tele. Una ripida scala tra le fasce coltivate permette di scendere sulla strada in prossimità del greto del torrente Sasso, dietro al cimitero (freccia in legno indicante Monte Nero-Ospedaletti).
Nel versante opposto si può ancora osservare tra alcune serre l’antica torre di avvistamento tra le palme, anche questo tema ricorrente in una serie di dipinti di Monet.

Scendendo verso la Via Aurelia si costeggia sulla sinistra un singolare giardino sulle sponde del torrente, animato da moderne statue in cemento create dal pittore-scultore Marcello Cammi (1912-1994).

Dalla strada Aurelia a destra si sale verso la Villa Garnier, eretta nel 1873 dall’architetto Charles Garnier, quale sua residenza. Oggi la Villa è un’oasi di pace e di accoglienza gestita dalle suore dell’Ordine Valdostano di San Giuseppe.

Proseguendo ci si ritrova davanti al centro storico, dove termina il nostro itinerario.

(Riproduzione vietata)

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